The sound of Rage

  1. Ti fa stare bene?

    AvatarBy soundofrage il 26 Jan. 2015
    0 Comments   26 Views
    .
    E' sveglia da almeno un'ora, gli incubi non le lasciano scampo neppure quando va a letto tanto stanca e sudata da aspettarsi di dormire fino ad un orario improponibile, mentre è molto facile immaginare che l'uomo che le giace a fianco si concederà questo lusso senza alcun genere di problema: lei lo guarda da qualche minuto con gli occhi liquidi e febbrili che seguono lo scorcio dei muscoli visibili da sotto le coperte, i guizzi che si muovono sotto la pelle ad ogni respiro regolare e ampio, indice di sonno profondo. E' nuda, la coperta buttata addosso alla buona per proteggersi malamente dal freddo che si arrampica su per la schiena inevitabilmente scoperta, la pelle tesa sulla quale si contano le singole vertebre e costole, le scapole che spingono in fuori come volessero prendere il volo ora che è ingobbita avanti con la destra che abbraccia le ginocchia ritratte contro il seno proporzionato e tutt'altro che prospero, le clavicole incavate e la sinistra che porta distrattamente avanti e indietro il filtro di una sigaretta già prossima alla fine, schiacciato e bagnato di saliva come è di suo gusto, i capelli lunghi e neri arruffati senza ordine in testa che le ricadono impertinenti su viso, spalle, petto e schiena manco volessero pudicamente coprire quel mucchio d'ossa irrequiete e nervose. Lo sguardo si fa vacuo mentre ascolta il respiro dell'uomo addormentato ed intreccia le caviglie per racchiudersi al meglio in sè stessa, attraversando la figura di chi divide il letto con lei con gli occhi che vanno a raggiungere luoghi lontani, ricordi stagnanti che le spengono l'espressione mentre la sinistra si ferma ad un soffio dalle labbra socchiuse e la cenere si fa sempre più lunga e pendente più gli attimi passano, volute di fumo che si mischiano ad immagini dense e pressanti che accorciano il respiro e sembrano prendere il sopravvento agguantandole il petto e stringendolo in una morsa cattiva, profonda, di quelle che scavano nella carne e spezzano le ossa per arrivare al centro perfetto del dolore, dell'emotività. Non stavolta però, non glielo concede stavolta: è con un ringhio ed un ghigno da bestia selvatica che stringe nuovamente le labbra sul filtro con forza e ne succhia un tiro che sancisce la fine della sigaretta, gli occhi febbrili che tornano a fissarsi sulla schiena maschia dell'uomo, tiene a lungo il fumo nei polmoni prima di soffiarlo per aria ed allungarsi con una mossa decisa a spegnere il mozzicone nel posacenere della stanza dell'Hydra che dividono per questa notte. Scioglie la presa sulle gambe lunghe da stambecco e si allunga a lasciargli un bacio tra i capelli che gli ornano la nuca, respirando profondamente il suo odore prima di scivolare giù dal letto e dirigersi verso il bagno per una doccia che lavi via l'inquietudine degli incubi e fissi con il calore dell'acqua bollente nuove sensazioni sulla pelle.

    D: Ti fa stare bene?
    I : Credo di si.. Si.

    ...

    Read the whole post...

    Last Post by soundofrage il 26 Jan. 2015
    .
  2. Ka-boom.

    AvatarBy soundofrage il 24 Jan. 2015
    0 Comments   22 Views
    .

    ViyhVic



    KA-BOOM.

    1- Questa è la prima cosa che ha sentito, direttamente nel petto, quando il mondo ha cominciato a crollare: un suono talmente potente e devastante da risvegliare i morti e strappare il respiro dai polmoni come ci fossero mille mani a sfilarlo via, come se dentro tra sangue e carne qualcuno suonasse la batteria sulle sue vertebre una ad una, con le viscere che si contorcono nel ventre ballando una danza che sa di morte e putrefazione su una melodia di urla e dolore. Poi le lacrime che sgorgano da sole contro l'orgoglio messo da parte, la paura negli occhi enormi di ragazzina e le mani che si aggrappano alla figura di Zio Vlad, zoppicante come mai mentre le dice che andrà tutto bene col respiro distrutto dal rantolo dell'ansia, e lei che si ritrova col cuore frantumato dall'incomprensione e dall'odio che pian piano le cresce dentro il petto, bisbigliando piano tra le labbra distrutte dagli affondi dei denti: "E' colpa loro.. E' colpa loro.. E' colpa loro.." come un mantra che da la forza di rimettersi in piedi, di non strisciare.
    Era solo il primo dei bombardamenti Alleati su Boros.

    GMgEdLz



    KA-BOOM.

    2- Questa è la prima cosa che le è rimbombata nelle orecchie quando la comunicazione si è aperta ed una voce a malapena conosciuta le ha urlato con l'urgenza dell'ansia che Zio Vlad era andato, morto, spogliato anche della dignità da quel figlio di puttana che lei stessa si era scelta e dal quale s'era fatta usare in ogni singolo modo immaginabile, debole dei suoi sedici anni e del sentimento che per la prima volta si faceva spazio sgomitando nella sua cassa toracica, aggrappandosi a cuore e polmoni. Neppure il rispetto dei morti le ha concesso: se n'è resa conto quando è arrivata davanti alle macerie di quella che era stata casa sua fino ad un attimo prima, davanti al corpo martoriato dell'unica persona rimasta a volerle qualcosa di simile al bene, l'unico ad occuparsi di lei e ricordare chi era davvero, spogliato persino dei vestiti ed abbandonato come una marionetta maciullata e sanguinante manco fosse un sacco della spazzatura, un mobile vecchio da buttare al macero. Il suono angosciante di una bomba che esplode da quel giorno ha un nome: Nikla.

    pHSG94x



    KA-BOOM.

    3- Questa è l'ultima cosa che sente prima di svegliarsi, quando gli incubi le strappano le fibre muscolari tendendole allo spasmo fin quasi alla rottura, le tolgono il respiro facendole stringere le mani sulla gola chiusa, le sbarrano gli occhi mentre si ritrova madida di sudore nel letto, il buio denso che le sembra di poter tagliare con lo sguardo della disperazione, il freddo pungente dell'aria che viene a contatto con la pelle calda e ...

    Read the whole post...

    Last Post by soundofrage il 24 Jan. 2015
    .
  3. Pronti, partenza, via.

    AvatarBy soundofrage il 21 Jan. 2015
    0 Comments   6 Views
    .
    Era un giorno di nubi nere che ancora non buttano pioggia quello che ha fatto da contorno alla sua partenza da Boros, quella definitiva. Il giorno in cui s'è lasciata alle spalle un'adolescenza fatta di anni di buio e incubi, anni di notti insonni con una pistola in mano a chiedersi se non fosse il caso di farla finita e darsi sempre la stessa risposta: no, no e poi no. Anni di errori, anni in cui ha affidato la sua vita alle persone sbagliate, anni in cui hanno mutilato pezzo dopo pezzo ogni singola parte buona di lei. Partire è stato come cancellare da un foglio tutto ciò che si era scritto sopra a matita, la superficie rimane pulita ma se guardi meglio è rimasto il solco, nulla è andato perduto e basta poco a farlo riaffiorare e riportarlo alla memoria, e non importa quanto impegno ci si metta: basta chiudere gli occhi e le barriere crollano una dietro l'altra, l'onirico si fa spazio a gomitate nella razionalità e non dimentica mai a casa il bagaglio di disperazione che si è riempito sempre più lungo il percorso della vita. I giorni di viaggio tra Boros e Safeport le sono sembrati infiniti, chiusa in una scatola di latta che sembrava succhiarle via la pazienza e la sicurezza briciola dopo briciola ad ogni respiro, aggrappata con le unghie al vetro liscio ed infido della debole speranza, quella che ha paura di esprimersi, quella che preannuncia quanto male farà se le cose non andranno a dovere. E poi la consapevolezza che torna a farsi spazio nella sua mente semplice, l'aspra sensazione di non aver nulla da perdere, l'inebriante esplosione di vita che un nuovo inizio si porta dietro ed il malinconico lamento interiore della perdita d'identità ora che nessun altro è rimasto su Boros a ricordarla, a dire che Irina Jurevna Bogdanova è passata di li. La strisciante forza del coraggio dei giovani ed il crudele schiaffo della realtà che ti mette davanti la fotografia sbiadita dei tuoi sogni invecchiati ed incartapecoriti dai bombardamenti e dai tradimenti, dalla paura caustica che brucia sotto pelle e dall'angoscia della solitudine. E' con questo spirito in tempesta che è scesa dalla stiva posando per la prima volta lo stivale su Safeport, una bestiola selvatica e sola e tanto magra da far credere ad ognuno dei bifolchi che la guardavano che sarebbe stato un gioco fotterla, una passeggiata far di lei quel che desideravano.

    Si sbagliavano.
    Ora sanno quanto si sbagliavano.

    Edited by soundofrage - 21/1/2015, 00:31
    Last Post by soundofrage il 21 Jan. 2015
    .
 

Anxious when it's dark was skinned by ©JackGaunt
glyphish iconset & IconArchive